E luci piccole
stelle nella notte carta opaca da regalo
blu, verdi, rosse
calici elettrici corolle di nebbie
amano lunghi steli uncinati che vibrano nel freddo.
Un aereoporto, il parcheggio
di un capannone industriale
piccola madre di lamiera,
il cumulo di ruggine del deposito
di rottami antichi.
E tu chi sei
che mi guardi candida
nello scalpiccio deserto del marciapiede
vetro d’acqua.
Fuma la vita dalla tua bocca
- buonasera, una rosa? -
forse un caffè alle quattro del mattino
il gilet di nylon del bianco barista
eppoi fuori nel mondo che piove
lacrime grige
sul coppedè scozzese della blusa
del poeta ragioniere;
sul foglio bianco di gelo
corriamo a disegnare poesie
di passi e scivoloni
- virgole di lunghe sciarpe amaranto -
metafore di vento
portoni che si chiudono
mentre ancora non conosco il tuo nome.
Luce finalmente
in questo inverno di cristallo
lo scorgo lontanissimo
dall’aria che ferisce
le pareti del respiro
come fumo
va dissolvendosi
nell’impietrito
ambiente.
Nella stagione
del letargo
come campanile
lo spirito
si erige
a Tempio
di nuove speranze
sulla tenebra
che opprime.